Inutile negare l’evidenza: la nostra disciplina è praticata in gran parte da maschi.
L’esclusione del genere femminile sembra essere una caratteristica comune di tutte le discipline che sono praticate soprattutto “per strada”, nelle periferie. Un esempio significativo può essere quello della nascita e dello sviluppo durante gli anni 70 della cultura Hip-Hop negli Stati Uniti: nelle sue diverse espressioni, come B-boying, M-Cing, Writing, DJing si poteva notare una preponderanza maschile.
Un’ altra ragione per la quale il parkour manca di una consistente componente femminile è data dal modo in cui la disciplina viene mediatizzata. Quello che circola online riguarda super-atleti che fanno super-salti.
Ci troviamo quindi di fronte ad una rappresentazione distorta della disciplina, che non le rende giustizia.
Se combiniamo il come e il da chi il parkour è rappresentato, capiamo quanto sia difficile per una ragazza iniziare, visto che al primo approccio le manca un modello di riferimento e di stimolo.
Un’apertura alle donne potrebbe apportare molti benefici alla disciplina. Le ragazze infatti nel praticare il parkour sono costrette ad approcciarsi in modo diverso, adattandolo alla propria femminilità.
Se pensiamo ad esempio alla climb up, questa non potrebbe essere praticata dalle ragazze come fanno alcuni che, sbagliando da un punto di vista tecnico, sbattono il petto durante la salita. Quindi le donne non possono fare la climb up? Certo che possono! Semplicemente nell’apprendere il gesto dovranno focalizzarsi sulla verticalità della spinta, in modo da evitare di farsi del male. Si tratta di specializzazione di genere all’interno di una disciplina. Per capire meglio a cosa mi riferisco basta guardare una gara di arrampicata boulder femminile: si vede chiaramente come in questo sport le ragazze si siano distinte rispetto ai maschi per la loro tecnicità.
Gli uomini saranno sempre (mediamente) più prestanti; ma vale la pena impegnarsi per aprire maggiormente questa disciplina alle donne, che sono in grado di trovare soluzioni tecniche efficienti per ovviare alla mancanza di forza fisica.
Vorrei poi proporre alcune cose e ribadirne altre affinché da un lato si accolgano più ragazze possibili nella disciplina, dall’altro se ne limiti il drop-out.
1) Evitare l’uso di un linguaggio sessista
Frasi come “non fate le femminucce” portano verso l’esaltazione di una virilità che nella disciplina non è richiesta. Questo vale anche per quando fate dei complimenti a qualcuno in generale: dire “buono, per una ragazza” oppure “ottimo, per uno sovrappeso come te” non significa fare un complimento! Anche le ragazze dovrebbero smettere di usare questo tipo di linguaggio, evitando di giustificarsi quando non riescono a fare qualcosa dicendo cose come “non riesco… sono una ragazza”.
2) Evitare l’assistenza laddove non è richiesta esplicitamente
Al di là dei bambini e delle bambine, che vanno aiutati con un approccio specifico, evitate di pensare che una ragazza vada aiutata in maniera diversa solo perché è donna. Trattarla in modo paternalista potrebbe generare una situazione di disagio e farla sentire insicura.
3) Non comportarsi da “branco” agli allenamenti
Se una ragazza decide di provare il parkour e si trova un “branco di iene” invece di un gruppo, state certi che per lei non sarà una bella esperienza e non ritornerà.
4) Mischiare i sessi durante gli allenamenti
Se per ipotesi l’allenamento prevede esercizi di coppia, cercate un compagno di sesso opposto. Questo eviterà quella ghettizzazione di genere che si viene a creare in certi gruppi.
5) Condividere più video di ragazze praticanti
Questo permetterà a chi vuole cominciare di avere un modello di riferimento. Se non ci si riesce ad immaginare in un’attività, difficilmente si deciderà di provarla!